l’uomo più profumato del mondo

Lascia un commento

13 marzo 2012 di maleberto

sa anche essere molto educato. Se attraverso le porte a vetri vede che ho già gente nel mio ufficio, si limita con squisita cortesia a varcare la soglia e a passeggiare nervosamente avanti ed indietro, guardandosi in giro. Ha l’aria di un gallerista alla ricerca di un quadro di un artista misconosciuto da scoprire, in un angolo tra due tavole impressioniste, ma purtroppo il mio ufficio non offre molta qualità: qualche pesce pirata abusivo etichettato qua e là ed uno sconvolto Cary Grant inseguito da un Tie Fighter in formato cartolina. E ovviamente il foglio A4 in cui mi si comunica la variazione di un numero di telefono.

Il mio ufficio è anche piuttosto piccolo, e passeggiarci può diventare presto noioso. Anche a velocità moderata, ci si trova costretti a continui ed improvvisi cambi di direzione. L’idea di girare intorno alla mia scrivania è ancora meno attuabile: questa è quasi in mezzo alla stanza quadrata, ma il passaggio dietro la sedia non è dei più semplici: un vicino scaffaletto costringerebbe l’uomo più profumato del mondo a mettersi in costa ad ogni giro per fare due passi laterali. Rischiando di impigliarsi un bottone della camicia nei gancetti del ripiano.

Lo stress è quindi dietro l’angolo per l’uomo più profumato del mondo, ma la vera fonte del nervosismo è un’altra: sto parlando con una persona più importante di lui. Normalmente può trattarmi come un suo sottoposto e scavalcare le mie occupazioni o i miei interlocutori. Ma qui lui non è la briscola più alta, e deve aspettare educatamente, godendosi la scarpinata e il panorama bucolico che si apre dalla mia finestra al primo piano.

Probabilmente non riesce bene a capire la durata della conversazione: l’informatica può essere sadica, quando si parla di estrazioni da una base di dati: non sai mai quanti nomi di colonna devono essere ancora discussi dopo quello presente. E non solo l’informatica ha un suo non so che di malvagio: vedere l’uomo più profumato del mondo in questa condizione di lieve imbarazzo risveglia in me uno strano istinto che mi porta a voler essere il più preciso possibile con la persona con cui sto parlando: voglio discutere con estrema puntualità ogni aspetto del nostro piccolo problema. E mentre il nostro continua a consumare le suole delle poche mattonelle che il mio ufficio gli mette a disposizione, mi sembra che pure il mio interlocutore stia allungando i tempi, appassionato dal problema al punto di volerlo demolire con minuziosa precisione.

Basta adesso però: inizio ad essere curioso: cosa vorrà da me l’uomo più profumato del mondo, da aspettare il suo turno senza poter dire una parola? Giunge inaspettato il momento in cui io e il mio interlocutore abbiamo entrambi appurato che la nostra concezione del problema è finalmente diventata la stessa: io, con le mie conoscenze tecniche, farò il lavoro esattamente come lui farebbe se ne fosse capace. Gli scarabocchi e i ghirigori che abbiamo fatto sui rispettivi fogli riciclati e quaderno ormai si assomigliano, al netto dello stile personale: sono le due visioni del problema che si sono unite in un’idea sola ed universale. Bene, avanti il prossimo, a chi tocca?

Ma all’uomo più profumato del mondo, ovviamente! Cerco di fare una faccia come a dire che non lo avevo visto ma che mi fa piacere vederlo, ma mentre mi concentro mi viene da pensare ad una espressione da “scusa se ti ho fatto attendere”. In conclusione mi rimane solo il dubbio della smorfia che mi è uscita. Poco male comunque: l’uomo più profumato del mondo è troppo concentrato sul suo problema per notare le mie espressioni. E per me, neanche il tempo di accorgermi e la domanda è posta, istantanea e letale:

“Scusa, mi puoi dire la password del wifi, che non me la ricordo?”

Come ho fatto a non pensarci? E’ la domanda che incontrastata occupa da sette anni la posizione di vertice della classifica delle domande che più vengono poste all’ufficio IT. E a seguire, come da antica tradizione dell’uomo più profumato del mondo, la solita scarica di scuse e di motivi per cui non passano un paio di settimane senza che venga a chiedermela. Non ci presto molto orecchio: ogni volta che questo accade, la mia mano destra in autonomia si allunga per prendere un foglio ed inizia a scrivere i caratteri in stampatello, e la mia mente cerca di calcolare se mettendo insieme tutti i vari post-it e fogli A4 riciclati su cui gliela ho scritta, potrei riempire un semplice faldone, uno scaffale o magari ambire già ad una piccola piscinetta da giardino.

Dopo le scuse tipicamente una persona trova anche dei validi motivi che lo hanno portato all’errore. Così anche adesso. Se uno si dimentica la password, la colpa è sua, d’accordo, che non se l’è segnata bene. Però dai: è troppo difficile! Per l’ennesima volta devo spiegare all’uomo più profumato del mondo che mettere il nome dell’azienda come password dell’omonima rete wireless dell’omonima azienda può portare sì ad una grande semplificazione, ma non è la scelta migliore per la sicurezza. Non l’ho convinto: forse pensa che faccia uso dell’informatica nera per imbrogliarlo con oscure spiegazioni tecniche. Non importa: ormai ha il suo bel foglio A4 con la chiave della sua felicità scritta sopra.

Malignamente non credo che la password gli serva per qualcosa di strettamente aziendale: il suo portatile la password ce l’ha salvata da tempo, quindi sicuramente sta lavorando sull’iPhone di sua figlia, o sul portatile di un qualche suo amico, a cui generosamente fa dei piaceri personali nel tempo in cui è pagato dalla mia azienda.

L’uomo più profumato del mondo varca vittorioso la soglia del suo profumatissimo ufficio, accolto dallo sguardo benigno della sua cornicetta appesa al muro che riporta la rassicurante scritta in inglese:

“ECDL: European Computer Driving Licence”

force by northwest

Lascia un commento